Presa di posizione del sindacato. Non serve il salario minimo ma vanno applicati i contratti

Rilanciare l’occupazione e gli investimenti per dare un futuro al Paese. Questo, anche in vista dello sciopero degli edili, l’obiettivo dell’incontro tra Cgil Cisl Uil e il ministro del lavoro Di Maio.

Tra i temi affrontati, anche quello del salario minimo, al centro in questi giorni delle audizioni in Commissione Lavoro del Senato.

L’ipotesi di fissare per legge un salario minimo, uguale per tutti, non convince affatto sindacati e imprese che respingono il principio di una legge che entra nel campo della contrattazione. Cgil, Cisl e Uil si dicono fortemente preoccupate da probabili effetti collaterali pericolosi. E puntano il dito sulla proliferazione di contratti ”poco e per nulla rappresentativi”.

E poi, sottolineano, non c’è da tenere conto solo della paga base ma anche di tutte le altre voci, compreso il welfare contrattuale.

Ieri la leader Cisl Furlan ha ribadito: ”Ci sono i minimi tabellari dei contratti nazionali, che coprono circa il 90% dei lavoratori, da estendere al rimanente 10% circa”.

Per il sindacato, insomma, va applicato quanto concordato a suo tempo con Confindustria nel “Patto per la fabbrica” che proponeva soglie di rappresentatività per sindacati e associazioni di rappresentanza per poter sottoscrivere contratti, al fine di scongiurare i cosiddetti “Contratti pirata” che determinano il dumping contrattuale e, al legislatore, il riconoscimento erga omnes, cioè per tutti, dei minimi contrattuali concordati tra sindacati e associazioni di rappresentanza maggiormente rappresentativi.

Vedi il documento confederale