Nel 2016 la spesa sanitaria corrente è pari a 149.500 milioni di euro, con un’incidenza sul Pil dell’8,9%, ed è sostenuta per il 75% dal settore pubblico e per la restante parte dal settore privato. La spesa sanitaria privata nel 2016 è pari a 37.318 milioni di euro, la sua incidenza rispetto al Pil è del 2,2%. Il 90,9% della spesa sanitaria privata è sostenuta direttamente dalle famiglie.
E’ quanto emerge dal report sui conti della sanità in Italia dal 2012 al 2016 presentato dall’ISTAT. Il 54,9% della spesa totale è destinato alla cura e alla riabilitazione mentre la spese per medicinali ammonta al 20,8%.
La spesa sanitaria dell’Italia è significativamente inferiore rispetto a quella di altri importanti paesi dell’Unione europea, sia in termini di valore pro capite sia in rapporto al Pil. A fronte dei circa 2.404 euro per abitante spesi in Italia, Regno Unito, Francia e Germania spendono tra i 3.000 e i 4.000 euro per abitante. Tra il 2012 e 2016 la spesa per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione in Italia è aumentata in media annua dello 0,3%. In particolare, quella sostenuta dal settore pubblico è diminuita dello 0,3%, a causa di un calo dell’1% della componente per la funzione di assistenza ospedaliera in regime ordinario in parte compensato dall’aumento dell’1,3% dell’assistenza ambulatoriale. Di conseguenza la spesa diretta delle famiglie per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione è aumentata in media annua del 3,7% con una crescita del 4,4% per la componente ambulatoriale. Su questa sembrano aver influito l’ampliarsi delle liste di attesa nel settore pubblico e l’aumento dei livelli della compartecipazione (che avvicina le tariffe pagate nel pubblico a quelle del settore privato).
I dati parlano chiaro: i cittadini sono arrivati a pagare di tasca propria 37 miliardi di euro (valore in crescita), pari a un quarto dell’intera spesa sanitaria nazionale (150 miliardi di euro circa). Complici i tagli massicci degli ultimi anni (stimati in 10,5 miliardi di euro) al finanziamento pubblico, l’invecchiamento della popolazione e la mancata riorganizzazione dell’assistenza sul territorio, il Servizio sanitario nazionale (Ssn) ha perso terreno.
A supporto di questa situazione si sta diffondendo il cosiddetto welfare contrattuale, ma, ribadisce Emilio Didoné, Segretario Generale della FNP CISL Milano – Metropoli:
“Il bisogno di istruzione, casa, sanità e welfare non può essere definito solamente dall’azienda e chiuso dentro le mura dell’azienda. per non favorire una vera e propria privatizzazione dello stato sociale, lasciando un diritto di cittadinanza in balia di arbitrarietà e obiettivi delle imprese”
Occorrerà, quindi, fare sistema e sostenere interventi che producano ricadute positive per tutto il territorio e non solo nei contesti aziendali, ribadendo la visione “universalistica” della nostro welfare, per evitare un aumento ulteriore delle diseguaglianze.