Reddito di libertà: arrivano sostegni economici per le donne vittime di violenza

Il Fondo prevede un contributo alle donne vittime di violenza. Un problema che, a dispetto delle apparenze, coinvolge anche le donne anziane

Con la circolare n. 166 dell’8 novembre 2021 diventa operativo il “Fondo per il reddito di liberta per le donne vittime di violenza” istituito nel 2020 ed incrementato di altri 3 milioni di euro e l’Inps pubblica le indicazioni per il suo utilizzo.
Il Fondo prevede un contributo alle donne vittime di violenza, senza figli o con figli minori, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne la necessaria autonomia finanziaria così strettamente legata a rendere sostenibili i percorsi di recupero e ripresa della propria vita dopo i traumi subiti.

L’importo prevede una quota mensile di non oltre 400 euro mensili pro capite, concesso in un’unica soluzione per massimo dodici mesi. La somma non è alta, ma è un primo passo indispensabile richiesto da molto tempo sia dalle donne che dopo aver subito violenze e soprusi vogliono riprendere la loro vita e i loro affetti, sia dai centri di aiuto e dalle/dagli avvocati che le assistono.

Reddito di libertà: come funziona

Il contributo è compatibile e si va ad aggiungere, là dove ci sono, ad altri strumenti di sostegno al reddito come il Reddito di cittadinanza o altri sussidi economici anche di altra natura (ad esempio, Rem, NASpI, Cassa integrazione guadagni, ANF, ecc.). Il contributo è esente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche poiché erogato da un ente pubblico a titolo assistenziale.

La somma è destinata alle donne con o senza figli, impegnate nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza e seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali dei comuni. Possono richiedere il contributo se risiedono nel territorio italiano e se sono cittadine italiane o cittadine dei paesi della Unione Europea oppure cittadine di Stato extracomunitario in possesso di regolare permesso di soggiorno. Sono ammesse al sostegno economico anche le straniere aventi lo status di rifugiate politiche o lo status di protezione sussidiaria (cfr. l’art. 27 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251).

I casi di violenza coinvolgono anche le donne anziane

Come ci dicono i fatti degli ultimi anni, l’aumento vertiginoso delle violenze alle donne non si arresta e tocca anche le donne anziane. Con la pandemia l’isolamento e la solitudine a cui sono stati costretti tutti gli anziani il fenomeno si è aggravato e nelle donne anziane spesso sole, magari vedove o con i figli lontani il fenomeno diventa ancora più grave.
Le donne over 65 in Italia sono oltre 7 milioni e costituiscono il segmento più vulnerabile della popolazione, sono doppiamente fragili per età e per genere, e gli abusi nei loro confronti sono in costante e preoccupante crescita, ma restano un fenomeno sottostimato e poco conosciuto.
Le donne sono la maggioranza tra la popolazione anziana, vivono di più ma in condizioni di salute e socioeconomiche deboli, spesso disabili, con scarso reddito e supporto sociale, tutte caratteristiche che ne fanno in egual modo soggetti più a rischio di abuso a livello sociale, ma anche a livello famigliare alle dipendenze di mariti e famigliari.

Gli abusi restano sotto silenzio

Ad oggi non esistono statistiche nazionali sulla violenza contro le donne anziane, sono però possibili stime secondo cui un anziano su tre è vittima di abusi e, di questi 4 milioni, ben 2,5 sono donne. Le forme delle violenze e abusi rilevate sono per lo più l’abbandono, l’incuria che si manifestano con la privazione o sottrazione di beni alimentari, di vestiario, medicine o altre utenze, tutti bisogni primari negati a queste persone anziane che impediscono loro di avere qualche minima forma di autonomia.

Oltre 600mila subiscono truffe finanziarie, 25mila delle 210mila anziane che vivono in strutture sanitarie sono vittime di violenze verbali e fisiche, ma parte dei maltrattamenti avviene soprattutto fra le mura domestiche in parte ad opera di badanti, vicini di casa, parenti ed operatori sanitari: in due terzi dei casi i responsabili sono addirittura membri della famiglia, come il coniuge, figli e nipoti, ome risulta da studi condotti dalla società Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) (Sole 24 ore -25/11/2015).

E, siccome bisogna evitare “scandali”, le violenze avvengono quasi sempre in silenzio: i casi che non vengono riferiti o denunciati si stima che siano almeno quattro volte di più. Purtroppo, non mancano neppure i casi di omicidio a danno delle donne over 65, ben 150 ogni anno.

Nadia Bertin

 

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