Medicina del territorio: che cosa chiedono i sindacati di Milano

L’incontro del 24 novembre a Milano alla Società Umanitaria, dei sindacati Cgil Cisl e Uil, la direzione Ats e il Comune di Milano

L’inadeguatezza del sistema sanitario lombardo ha dimostrato tutte le sue evidenze nell’ultimo decennio, ma soprattutto con la pandemia sono venute a galla le maggiori criticità. Lo abbiamo vissuto in prima persona tutti e tutte qui in Lombardia, soprattutto nei servizi del territorio grandemente impreparati ai bisogni di interventi tempestivi, di prossimità più vicini alla gente. Pronti soccorso intasati, blocco delle altre prestazioni ospedaliere, medici di famiglia lasciati soli in prima linea, allungamento delle liste di attesa.
CGIL CISL UIL, in modo unitario, hanno presentato le loro richieste di cambiamento in un serrato confronto con Walter Bergamaschi, direttore generale ATS, Lamberto Bertolè, assessore al Welfare e salute del Comune di Milano, Michela Palestra, vice sindaca della città metropolitana, durante l’incontro di ieri 24 novembre 2021, all’Umanitaria. Era presente anche Rosy Bindi, già ministro della Sanità, presidente onorario dell’Associazione Salute Diritto Fondamentale.
Le linee guida decise dal governo nella Missione 6 del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) possono diventare un primo passo per stabilire indicatori più adeguati agli investimenti in programmazione.

Medicina del territorio: una priorità

“Serve un deciso cambio di passo” ha detto Melissa Oliviero della segreteria Cgil. “Ospedale e Territorio sono le due gambe di ogni sistema sanitario. … Oggi è necessario avere un territorio attivo, che faccia sorveglianza epidemiologica, protegga i cronici e risponda ai bisogni della popolazione attraverso un’azione integrata tra sociale, sanitario e sociosanitario. Da lì bisogna partire”.
E allora investire nelle Case di Comunità e negli Ospedali di comunità vuole dire realizzare “luoghi ben riconoscibili e affidabili, dove i cittadini possano trovare medici di medicina generale così come medici specialistici, infermieri di comunità, servizi di prevenzione, diagnosi, esami di laboratorio, consultorio, la presa in carico delle cronicità e gli uffici amministrativi” aggiunge Roberta Vaia, della segreteria Cisl di Milano. “Devono essere luoghi in cui forte sia l’integrazione tra ospedale e territorio e tra sanitario e sociale”.

Quello che richiedono i sindacati è una decisa svolta.
Ce lo impone quello che è successo con la pandemia. “Ci ha lasciato in eredità un sentimento collettivo di gratitudine verso il bene comune della sanità pubblica e la presa di coscienza di quanto essa è importante” conclude Melissa. È diffusa la convinzione di rilanciare il servizio sanitario nazionale, nessuno direbbe che la sanità è solo una spesa. Ma, come chiedono ai sindacati, il consenso politico generale intorno al rafforzamento del servizio sanitario nazionale deve tradursi davvero in nuovi modelli di intervento con paradigmi più vicini ai territori più lontani dalla burocrazia e dai “poteri” soprattutto più centrati su quattro parole: territorio, integrazione, coinvolgimento e condivisione.

 

Nadia Bertin

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Medicinadelterritorio_24novembre2021