L’economia non va e le conseguenze le pagheranno lavoratori e pensionati

La crescita italiana si è arrestata. Ormai le conferme, che il governo cerca di ignorare, arrivano quotidianamente.

L’ultima giunge da Standard and Poor’s, che taglia le stime del Pil italiano nel 2019 allo 0,1%,, dallo 0,7% previsto a dicembre. S&P conferma che siamo fanalino di coda dell’area euro. Nel 2020 la crescita si fermerà allo 0,6%, in calo rispetto allo 0,9% previsto a dicembre.

In frenata è tutta l’Eurozona, la cui crescita nel 2019 è stata rivista al ribasso dall’1,6% all’1,1%, a causa soprattutto dal rallentamento di Germania e Italia.

I giallo-verdi, come detto, nicchiano. Ma le parti sociali non stanno a guardare. Anche perché il conto prima o poi arriverà e i sacrifici, finora, sono sempre stati a carico delle stesse categorie.

“C’è un unico modo – afferma Anna Maria Furlan – perché i soliti noti, ovvero i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, i pensionati, le pensionate, i cittadini non paghino questo conto: è quello di far ripartire il Paese”.

Bisogna dunque “alzare la produzione, gli investimenti sulle grandi, sulle medie opere, sull’innovazione, sulla ricerca”. Secondo la segretaria generale della Cisl, l’alternativa “è far pagare i soliti noti, quelli che pagano già tante tasse nazionali, come locali”.

Va scongiurato l’aumento dell’Iva – aggiunge Furlan -, sarebbe un danno terribile alle nostre imprese e soprattutto alle nostre famiglie. Ma per fare tutto questo non serve dire che è un anno bellissimo, serve renderlo bellissimo, facendo cioè ripartire il lavoro. Il governo è ancora in tempo a fare tutto questo, ma deve cambiare la sua strategia economica, i risultati sono evidenti e sono negativi”.

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