Lavoratrici e lavoratori domestici: sono oltre due milioni, ma il 60% lavora in nero

Per pagare i lavoratori domestici – colf e badanti – le famiglie italiane spendono 6,9 miliardi all’anno: 1,4 miliardi in Lombardia e un miliardo nel Lazio. Sono Sardegna, Lazio, Umbria e Toscana le regioni dove è più alta la presenza di lavoratori domestici regolari rispetto alla popolazione residente.

In totale, i lavoratori assunti in regola nel settore sono 865 mila (il 54,4% di colf e il 45,6% di badanti).

Dal 2008 al 2017 questi lavoratori sono cresciuti del 26 per cento. Sono alcuni dati che emergono dal rapporto «Il lavoro domestico in Italia: dettaglio regionale», elaborato da Domina, associazione nazionale delle famiglie datori di lavoro domestico.

La crescita dei lavoratori domestici è dovuta in tutte le regioni italiane all’aumento dei lavoratori che si occupano di assistenza, le cosiddette badanti. È un fenomeno dovuto all’elevata incidenza degli anziani: gli over 65 in Italia sono 13,6 milioni, e gli over 85 sono 2,1 milioni. Un dato destinato ad aumentare: si stima che gli over 80 nel 2050 rappresenteranno il 13,6% della popolazione.

Il numero complessivo dei lavoratori domestici in Italia è di circa due milioni: c’è infatti una componente di lavoro irregolare stimata al 60 per cento. «Consentire la deducibilità delle retribuzioni, oltre che dei contributi, servirebbe a far emergere molta parte di questo lavoro sommerso», spiega Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina.

Il settore spera anche nella modifica del decreto 4/2019 sul reddito di cittadinanza, per estendere alle famiglie gli incentivi a chi assumerà i percettori del nuovo sussidio: l’articolo 8 del decreto prevede infatti incentivi solo per le imprese, ma non per le famiglie che dovessero assumere colf o badanti.

«Se pensiamo – aggiunge Gasparrini – che il datore di lavoro domestico ha un’età media di 65 anni, con punte di 66 anni in Sicilia e 76 in Basilicata, regioni dove magari i figli non sono accanto ai genitori e non si intestano direttamente il rapporto di lavoro domestico, capiamo che le famiglie meritano un sostegno per avvalersi dell’aiuto di questi lavoratori».

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