La conversione del Decreto Rilancio (legge 17 luglio 2020, n. 77) ci ha consegnato le fattezze definitive del Fondo Nuove Competenze.
Istituito presso l’Anpal, con una capienza di spesa pari a 230 milioni di euro, il Fondo potrà essere usato dalle imprese che, sulla base di contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale, decideranno di ridurre l’orario di lavoro dei propri dipendenti, impegnandoli durante le ore in “esubero” in percorsi di formazione.
Gli oneri relativi alle ore di formazione, compresi quelli contributivi, saranno finanziati dal Fondo, che interviene «al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica».
Il Fondo Nuove Competenze non può che essere salutato con ottimismo, tanto più in un mercato del lavoro come quello italiano, dove esperti e operatori invocano da anni processi di reskilling e percorsi adeguati di formazione professionale.
È di pochi giorni fa la richiesta di Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, di maggiori investimenti in politiche attive («su 100 euro spesi per il lavoro, l’Italia ne mette 98 per le politiche passive e 2 per quelle attive»), seguita da considerazioni nello stesso senso contenute nelle prime interviste di Roberto Benaglia, neosegretario della Fim-Cisl.