Eravamo felici, poi la bomba. Mostra sulla Milano degli anni 60

La Milano del design e della trasformazione urbanistica delle periferie. La Milano della grande musica e del cabaret. La Milano dei nuovi mezzi di trasporto e del lavoro.

La Milano dell’arte e dell’editoria. La Milano dell’emigrazione dal sud e della contestazione studentesca. Ma anche la Milano della strage di Piazza Fontana, che chiuse un’epoca felice, frenetica, per aprirne una buia e piena di tensioni.

Ci sono tutte queste “facce” del capoluogo lombardo nella mostra “Milano anni ‘60” inaugurata lo scorso novembre a Palazzo Morando e aperta al pubblico fino al 9 febbraio 2020.

Attraverso otto sale, ricche di fotografie, manifesti, plastici e oggetti dell’epoca, il visitatore viene condotto in un viaggio nel tempo, in quello che il sottotitolo dell’esposizione definisce “un decennio irripetibile”, caratterizzato dalla voglia di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra e da un irrefrenabile fermento creativo.

Un aggettivo – spiega il curatore, Stefano Gallipuò forse aiutarci a cogliere nel profondo lo spirito del decennio: esagerato. Esagerato nel senso che eccede la giusta misura, che tracima, va oltre. Esagerati sono i testi delle canzoni di Jannacci; esagerata è la città raccontata da Gaber; esagerata è la crescita economica, che divinava scenari paradisiaci; esagerata è l’euforia che pervade tutto; esagerata è la stagione musicale e cabarettistica, che avrebbe regalato notti dal sapore dolcissimo. Esagerata è la convinzione che contagia tutti, che credono tutto possibile, perfino un governo di centrosinistra, perfino l’accoglienza illimitata di compaesani che arrivano in stazione al ritmo di ottocento al giorno. Esagerata, ancora, è la smania di ricerca che conduce a nuove forme che segneranno l’epoca d’oro del design milanese. Esagerato, è più di ogni altra cosa, il drammatico epilogo che sigilla il decennio”.

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