Calano le nascite e la popolazione invecchia, ma la politica parla d’altro

In Italia continua il calo delle nascite. Ormai da diversi anni il problema viene posto all’attenzione generale ma non pare sia ancora recepito con la giusta attenzione.

L’Istituto di statistica Istat, lo scorso maggio in una conferenza su questo tema del suo presidente Blangiardo, ha illustrato le conseguenze negative sociali, economiche conseguenti al calo delle nascite in Italia.

E non solo l’Istat ma anche papa Francesco ha più volte sottolineato come l’Italia, da anni, registra il numero più basso di nascite in Europa, sempre più vecchia per l’età avanzata dei suoi abitanti. E nonostante questi moniti non si è ancora registrata finora nessuna inversione di tendenza concreta.

La popolazione continua a diminuire, al 1 01 2021 sono stati censiti 59.258.000 abitanti (- 384.000). Negli anni 2016/20 ci sono state mediamente circa 439.000 nascite in confronto alle circa 986.000 del periodo 1946/50. Il tasso medio di figli per ogni donna è di 1,24, il più basso dal 2003. E nel 2021 l’Istat prevede circa 390.000 nascite con un ulteriore calo a 1,22 figli per donna. E per riportare la situazione italiana in equilibrio entro gli anni 2020/2030 occorrerebbe aumentare di 0,6 figli per ogni anno.

Diversa la situazione in alcuni stati Ue dove si registrano dati più incoraggianti con +0,12% in Germania che corrispondente a 1,57 nascite per donna, con +0,20 in Ungheria che corrispondente a 1,55 nascite per donna, con +0,15 in Polonia che corrispondente a 1,46 nascite per donna, con +0,31 in Romania che corrispondente a 1,76 nascite per donna con +0,23 in Slovacchia che corrispondente a 1,55 nascite per donna. Ma tornando nella nostra Italia, l’Istat registra che in 4.572 comuni – in Italia i comuni sono 7.904 al 20 febbraio 2021 – con circa 25,5 milioni di residenti ci sono più ultraottantenni (bisnonni) che bambini con meno di 10 anni (pronipoti). Tutte le previsioni concordano che per rilanciare il nostro Paese occorre elaborare/decidere/legiferare politiche specifiche mirate sulla natalità, onde cercare di raggiungere 500.000 nascite medie anno entro il 2031.

Un altro tema sicuramente che deve essere affrontato è il rapporto tra generi e generazioni che ha evidenziato come le due principali relazioni familiari, quella di coppia e quella tra le generazioni hanno delle criticità emergenti: da una parte, l’instabilità coniugale, la violenza domestica, la difficile conciliazione tra famiglia e lavoro, che determina una non equa distribuzione dei compiti di cura, dall’altra parte, i fenomeni che oggi sembrano mettere a rischio la persistente solidarietà intergenerazionale.

Attraverso il rafforzamento delle politiche familiari possono emergere possibili strategie necessarie a rispondere a tali criticità con una specifica valorizzazione dei consultori, dei centri per le famiglie e della scuola. In questo scenario di cambiamento e di evoluzione sul tema del lavoro in un’ottica di parità di genere ci si auspica che la diffusione del lavoro a distanza per uomini e per donne connessa alla pandemia si accompagni a una maggiore partecipazione degli uomini al lavoro di casa e al lavoro di cura. In questo senso l’utilizzo dello smartworking da parte di uomini e donne potrebbe dunque aiutare la parità di genere.

La pandemia ha esasperato una situazione di disuguaglianza già critica, per questo la politica ha un’occasione storica per contrastare le disuguaglianze tra famiglie attraverso il Family Act, l’Assegno Unico Universale e il PNRR. È fondamentale ridurre il rischio di povertà delle famiglie con figli minorenni tramite sostegni reddituali; aumentare l’offerta di servizi educativi e favorirne l’accesso da parte delle famiglie svantaggiate per contrastare la povertà educativa; migliorare il sistema di protezione pubblica per le famiglie vulnerabili.

In Italia occorrerebbe, insomma, passare da tante parole, dai troppi annunci che abbiamo sentito sulla “famiglia” negli ultimi 50 anni da parte di tutte le parti politiche, a misure concrete, semplici, finanziate e realizzabili, che concorrano a ridurre il pericolo di disequilibri delle prestazioni sociali e sanitarie minacciate dal costante invecchiamento della popolazione.

Occorre che il nuovo “Piano nazionale per la famiglia” offra sicurezza e certezza alle famiglie, con sostegni concreti e duraturi, con procedure snelle e meno burocratiche.

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