Milano città che esclude?

“C’è stato un tempo nel nostro paese che le forze politiche si posero il problema di come far ripartire il sistema Italia, uscito dalla seconda guerra mondiale sconfitto e distrutto da ogni punto di vista.

I bombardamenti non solo avevano distrutto le città, chiuso le fabbriche e mandato in rovina le campagne, ma avevano lasciato nelle donne e negli uomini di allora profonde ferite, lutti, smarrimento collettivo, ma anche la speranza e la volontà di riprendersi la propria e l’altrui esistenza, per risalire dall’abisso in cui erano finiti, convinti che un mondo migliore fosse possibile.”

Con queste parole il segretario generale del Sicet di Milano Ermanno Ronda ha iniziato la sua relazione al convegno promosso dal sindacato inquilini insieme alla CISL milanese il 22 novembre.

Ronda ha ricordato lo sforzo straordinario fatto agli albori della repubblica, nonostante una situazione economica difficilissima. Grazie al Piano INA-CASA, conosciuto anche come Piano case Fanfani, dal nome del politico promotore della legge, tra il 1949 e il 1963 vennero realizzate 350.000 nuove abitazioni di edilizia popolare in affitto e in riscatto, favorendo la ripresa del sistema edilizio e in generale dell’economia.

Oggi, ha ricordato Ronda, la situazione è molto cambiata: a livello nazionale gli alloggi popolari sono in totale un milione e rappresentano meno del 4% del totale delle case.

Gia nel 1968, a causa dei grandi flussi migratori, a Milano si era determinata una nuova emergenza abitativa che portò a lotte anche radicali. Esattamente cinquant’anni fa, Il 19 novembre del 1969, venne realizzato un grande sciopero generale per il diritto alla casa organizzato da CGIL CISL UIL di cui ancora oggi abbiamo memoria.

Grazie alla mobilitazione vennero approvate una serie di nuove leggi a favore di un edilizia attenta ai bisogni sociali.

Purtroppo però, ricorda Ronda, dagli anni 80 in avanti la politica a nel suo insieme ha sempre più ridotto la sua attenzione ai bisogni legati alla casa. In Lombardia la situazione si è aggravata dopo il passaggio delle competenze sul tema dallo Stato alle regioni.

Negli ultimi due decenni sono stati molto ridotti i finanziamenti destinati all’edilizia popolare e sono state introdotte normative molto discriminatorie.

La legge regionale 16 del 2016, che ha visto la forte opposizione del SICET, destina alle famiglie più povere soltanto il 20% delle assegnazioni, non dando più risposte ai numerosi sfratti presenti anche nella nostra città e inoltre ha introdotto dei requisiti ad hoc per discriminare le famiglie di origine straniera.

Secondo una ricerca di SICET e CISL, in collaborazione con il Politecnico, a Milano vi è un’emergenza di 250.000 alloggi popolari o a canone agevolato mancanti, mentre vi è un eccedenza di case destinate al mercato libero di 40.000 alloggi.

Secondo il SICET, le politiche per la casa vanno fortemente modificate.

“A Milano – propone Ronda – È necessario costruire un osservatorio comunale permanente sulla casa. Comune e ALER dovrebbero ritornare a lavorare insieme e per rilanciare il settore dell’edilizia Residenziale Pubblica.”

Tra le richieste del sindacato inquilini il recupero del patrimonio pubblico sfitto e lo stop alla speculazione edilizia, favorita anche dalla variante al Piano Regolatore, approvata nello scorso ottobre.

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