Con il decreto legge del 28 gennaio 2019 n° 4 si è data attuazione alle novità previdenziali introdotte dalla legge di bilancio del 2019. Il governo giallo-verde ha investito moltissimo su questi temi soprattutto in campagna elettorale. Vediamo di cosa si tratta.
Innanzitutto la tanto vituperata legge Fornero non è stata assolutamente cancellata ma in alcune parti raffreddata ed integrata.
Viene introdotta una nuova, si fa per dire perché onestamente era una proposta del ex ministro Cesare Damino, modalità di accesso alla pensione anticipata: la cosiddetta “quota 100”. Per quota 100 si intende il totale da raggiungere sommando l’età anagrafica con gli anni di contributi.
Banalmente un lavoratore con 60 anni di età e 40 anni di contributi, se la matematica non è un’opinione, raggiungerebbe “quota 100” con diritto a pensione; ma, nella realtà non è così in quanto è stato introdotto uno sbarramento sull’età minima che è stata fissata a 62 anni. Per cui un lavoratore con 62 anni di età e 38 di contributi può andare in pensione mentre un altro lavoratore con 61 anni di età e 42 di contributi (quota 103) deve attendere di maturare i vecchi requisiti o di compiere i 62 anni.
Se la legge avesse previsto una “quota 100” reale magari legata alle condizioni soggettive del lavoratore (disoccupato, lavoratore addetto a lavori gravosi, cargivers ecc. ecc.) forse la misura sarebbe stata più equa. Ma tant’è: una “quota 100” reale sarebbe costata troppo.
Questa nuova misura varrà per il triennio 2019/2021 dopo di che non si prevede nulla.
Leggi l’approfondimento dell’esperto Paolo Zani pubblicato dal mensile della CISL Job