L’appello dell’Alleanza contro la povertà: il Governo vada avanti con il Reddito di Inclusione

L’Alleanza contro la povertà, che raggruppa 17 realtà fra associazioni, rappresentanze dei Comuni, organizzazioni sindacali e datoriali, chiede all’Esecutivo di compiere scelte che possano finalmente dotare il Paese di una misura di contrasto alla povertà assoluta in grado di offrire risposta a tutti coloro che si trovano in tale condizione.

Nello specifico l’Alleanza auspica che il Governo parta dal Reddito di Inclusione, operativo dalla scorso 1° gennaio, piuttosto che introdurre una nuova misura come il Reddito di Cittadinanza.

Il Reddito di Inclusione (REI) attualmente in vigore mira a contrastare la povertà assoluta. In Italia, le persone che si trovano in questa condizione sono 5 milioni, pari all’8,4% di individui che vivono nel nostro Paese.

L’Alleanza auspica che tramite adeguate misure il REI sia rafforzato ed esteso agli ulteriori 2,5 milioni di poveri assoluti attualmente esclusi dalla misura.

Anche se il target del Reddito di Cittadinanza (RdC) non è ancora stato reso noto, un’ipotesi ragionevole è che esso corrisponda alla popolazione in povertà relativa. Si tratta allora non solo delle persone incapaci di accedere a beni e servizi considerati essenziali per avere uno standard di vita “minimamente accettabile” (cioè in povertà assoluta) ma anche di quanti sono in condizione di disagio perché impossibilitati ad effetture spese pari alla media nazionale (pari nel 2017 a 1.085,22 euro mensili per una famiglia di due persone).

Attualmente le persone in povertà relativa sono 9,4 milioni, pari al 15,6% degli individui che vivono in Italia.

Inoltre, tra le ipotesi di “riforma della riforma” vi è quella di affidare l’attuazione della misura ai Centri per l’Impiego (CpI) e non, come avviene ora, ai Comuni. Diversi sono i motivi per cui una scelta di questo tipo non è auspicabile.

In primo luogo, la povertà assoluta è una realtà multidimensionale e non è quindi riconducibile esclusivamente alla mancanza di lavoro ma piuttosto ad una varietà di condizioni (es. abitative, relazionali, legate alla presenza in famiglia di figli o altri componenti fragili e così via).

In questo quadro, solo i servizi sociali dei Comuni dispongono di competenze utili a inquadrare il fenomeno e, di conseguenza, a definire percorsi d’inclusione ad hoc.

Tre azioni sono necessarie, secondo l’Alleanza, per migliorare le condizioni in cui si definiscono i percorsi d’inclusione destinati ai beneficiari del REI.

In primo luogo, la normativa sul REI ha previsto un “Fondo servizi” destinato al potenziamento dell’organico dei comuni.

Tuttavia, i vincoli attuali, relativi alla possibilità di assumere da parte degli enti locali, lo rendono in parte non utilizzabile a questo scopo.

Bisogna allora consentire l’utilizzo del “Fondo servizi” nella sua interezza per rendere possibile l’assunzione a tempo indeterminato di professionalità sociali qualificate.

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