Sanità sempre più a carico dei cittadini mentre si afferma il welfare aziendale

Il colosso della finanza americana JP Morgan ha annunciato la costituzione di una nuova compagnia insieme ad Amazon e all’imprenditore-finanziere Warren Buffett che avrà come missione esplicita lo sviluppo di servizi di welfare e la riduzione degli oneri assistenziali a carico dei dipendenti. Una decisione che ha rilanciato il dibattito anche in Italia sul futuro della sanità e dell’assistenza nel nostro paese.

Per alcuni il modello classico di welfare universalistico che, in realtà, in Italia ha riguardato la sanità ma molto meno il socio assistenziale, è ormai giunto a capolinea e si dovrà puntare sempre di più l’attenzione sullo sviluppo di servizi integrativi su base contrattuale e/o associativa.

Il welfare integrativo, in questi anni, si è sviluppato in modo disordinato e discontinuo, condizionato da margini contrattuali molto disomogenei tra le diverse categorie di lavoratori. Dobbiamo dunque rassegnarsi ad un ritorno ad un welfare differenziato in base agli status e alle possibilità dei diversi settori economici di immettere risorse per i servizi?

Del resto i dati parlano chiaro: i cittadini sono arrivati a pagare di tasca propria per la salute 37 miliardi di euro (valore in crescita) che rappresentano quasi un quarto dell’intera spesa sanitaria nazionale. Un aumento dei costi che è avvenuto in un contesto che vede crescere sempre di più le liste d’attesa e una mobilità tra le regioni dovuta a un’offerta molto disomogenea.

Le preoccupazioni non mancano, soprattutto in casa sindacale: “Una diffusione disordinata e a macchia di leopardo di privatizzazione del welfare aziendale comporterà un grave rischio per la tenuta democratica e universalistica del nostro servizio sanitario.” Afferma con forza Emilio Didoné, segretario generale della FNP CISL di Milano Metropoli. “Il bisogno di istruzione, casa, sanità e welfare non può essere delegato alla singola azienda ma deve essere definito, sia a livello centrale, sia a livello di territorio dalle istituzioni pubbliche.”

Il tema è stato all’ordine del giorno anche del recente accordo tra sindacato e Confindustria. Nel documento si afferma con chiarezza che vada salvaguardato “Il carattere universale del welfare pubblico migliorandone la qualità e il livello delle coperture sociali.” A parere di CGIL CISL UIL e Confindustria il welfare contrattuale deve mantenere la sua natura integrativa per rappresentare “Un terreno di crescita del benessere organizzativo e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, nel quadro di un miglioramento complessivo della produttività e delle condizioni di lavoro.”

Sempre nell’accordo le parti si impegnano a definire delle regole generali della contrattazione del welfare per rendere i risultati meno disomogenei e più coerenti con gli obiettivi indicati nell’accordo.

Le parti sociali, insomma, non vogliono delegare questo tema alle grandi compagnie private e non vogliono rinunciare all’universalità del welfare, pur nella consapevolezza dei cambiamenti sociali e delle compatibilità date dalla globalizzazione economica.


Leggi l’articolo del Sole 24ore del 4/2 e le note della FNP a cura di Emilio Didoné e di Pia Balzarini

Leggi l’accordo tra CGIL CISL UIL e Confindustria

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